All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e non rileva come fonte di sua responsabilità contrattuale nei confronti della società; ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità. Il principio della insindacabilità delle scelte di gestione non è assoluto, bensì soggetto a due ordini di limiti, i quali attengono, da un lato, al sindacato sul modo in cui la scelta è stata assunta, e dunque se essa sia stata legittimamente compiuta, e, dall’altro lato, al sindacato sulle ragioni per cui la scelta compiuta è stata preferita ad altre, e dunque se essa non risulti irrazionale. Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Roma con l’ordinanza dell’8 aprile 2020.