In materia di responsabilità degli amministratori della società, qualora l’azione trovi fondamento nella
violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni, a seguito dello scioglimento della società
derivante dalla riduzione del capitale sociale al di sotto dei limiti previsti dall’art. 2447 c.c., non è
giustificata la liquidazione del danno in misura pari alla differenza tra l’attivo ed il passivo accertati in sede
fallimentare, non essendo configurabile l’intero passivo come frutto delle nuove operazioni intraprese dagli
amministratori, dovendosi ascrivere lo stesso, almeno in parte, alle perdite pregresse che avevano logorato
il capitale. (Nella specie la gravata pronuncia non si è attenuta all’esposto principio, avendo estrapolato
dalla condanna dell’amministratore solo le perdite subite dalla società dopo la sua cessazione dalla carica,
mentre avrebbe dovuto estendere la valutazione anche agli atti compiuti nel corso della gestione, stante
l’inammissibilità della valutazione automatica del danno. (Corte Cassazione, Ordinanza n. 2659 del
30/01/2019)